Si è spento a soli 60 anni uno dei tanti carabinieri che furono in prima linea per scoprire chi fossero i responsabili delle azioni della Banda della Uno Bianca.
Tra il 1987 e il 1994, la Banda della Uno Bianca, composta principalmente dai fratelli Savi – due dei quali poliziotti, Alberto e Roberto – e da altri agenti di Polizia, ha terrorizzato l’Emilia-Romagna e le Marche con oltre 100 reati, tra rapine, omicidi e aggressioni, spesso senza movente apparente, causando decine di morti e un forte allarme sociale. Tra le vittime, anche loro colleghi poliziotti, come il sovraintendente Antonio Mosca, gravemente ferito nell’ottobre 1987 e morto un anno e mezzo dopo.

La Banda della Uno Bianca viene ricordata soprattutto per la cosiddetta Strage del Pilastro, avvenuta a Bologna, appunto nel quartiere Pilastro, il 4 gennaio 1991. In quell’occasione, a perdere la vita furono tre carabinieri in servizio e nel conflitto a fuoco Roberto Savi venne gravemente ferito. L’episodio viene anche ricordato per i depistaggi connessi a quel fatto criminale e venne incriminata anche la cosiddetta Banda della Bolognina, che era guidata da Damiano Bechis, un ex carabiniere e paracadutista.
L’esempio di tanti carabinieri e poliziotti che lottarono per la verità sulla Banda della Uno Bianca
Fatti di sangue con cui l’Italia ha avuto a che fare per lunghi anni e che hanno segnato il nostro Paese, minando anche fino alle fondamenta le forze dell’ordine e le forze militari, che dovettero fare i conti con le cosiddette “mele marce” al proprio interno. Contestualmente, va sottolineato come un grande esempio diedero i tanti militari dell’Arma dei Carabinieri e i tanti agenti di polizia che rischiarono la vita pur di scoprire la verità sulla Banda della Uno Bianca.

Come accennato, furono in tutto oltre 100 le azioni criminali di cui si sono resi responsabili i criminali che facevano parte del gruppo guidato dai fratelli Savi e quelle azioni si lasciarono dietro qualcosa come 24 morti e ben 114 feriti. Le prime rapine avvennero a metà del 1987 nei confronti di caselli autostradali, poi la situazione degenerò presto nel sangue: poliziotti come loro, guardie giurate e carabinieri, ma anche persone comuni pagarono un alto tributo di sangue.
Addio a Fabrizio Paris, luogotenente dei Carabinieri che diede la caccia ai criminali della Uno Bianca
Come detto, a fronte di un sodalizio criminale composto da poliziotti e di un alto tributo pagato da polizia e carabinieri, tanti si impegnarono per assicurare alla giustizia i componenti della banda: tra di loro, c’era Fabrizio Paris, all’epoca in servizio al nucleo operativo e radiomobile di Rimini e per quasi tutti gli anni Novanta vice comandante della stazione di Verucchio. Solo a Rimini, il gruppo criminale ha colpito per ben 13 volte, soprattutto stazioni di servizio e caselli autostradali.

Il 30 aprile 1991, l’episodio più grave che riguarda la città romagnola, quando venne presa di mira una pattuglia dei carabinieri, con tre militari dell’Arma che rimasero feriti. Anche questo spinse carabinieri come Fabrizio Paris ad agire in prima linea: purtroppo, l’ex militare dell’Arma che era oggi in pensione è venuto a mancare ad appena 60 anni, per un malore. Viveva a Pioraco, piccolo borgo delle Marche, ma teneva viva la testimonianza della sua lotta contro la banda.
Fabrizio Paris, infatti, appena un paio di mesi fa era intervenuto a un convegno, tenuto nell’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Urbino, a cui avevano partecipato docenti di diritto penale, prefetto, questore, la DDA di Ancona e anche esponenti delle forze dell’ordine. A lui era spettata la parte di testimone diretto di quei drammatici eventi, che gli sono rimasti fino all’ultimo nella memoria.