Legge 104, la nuova sentenza della Cassazione sui licenziamenti

Legge 104, la nuova sentenza della Corte di Cassazione sui licenziamenti ha lasciato tutti a bocca aperta. Se non ci sono prove, il licenziamento è illegale.

La Corte di Cassazione ha definito un punto molto importante con la sua ultima sentenza creando un precedente autorevole, soprattutto facendo chiarezza su un aspetto molto controverso in materia di licenziamento. Nel caso di specie, si assiste al rapporto tra licenziamento da una parte e la legge 104 dall’altra.

Martello Giudice
Cassazione interviene sui licenziamenti (pierluigibersani.it)

La massima degli Ermellini non lascia dubbi: il licenziamento di un lavoratore che usufruisce dei benefici della 104 è illegittimo se l’azienda non dimostra di aver cercato ogni alternativa prima di interrompere il rapporto di lavoro. Una sentenza storica che rafforza i diritti di chi ogni giorno si trova a dividersi tra impegni di lavoro ed assistenza ai familiari disabili. Ma facciamo un passo indietro per meglio capire come siano arrivati a questo punto.

Legge 104, secondo la Cassazione in questi casi il licenziamento è illegittimo

La legge 104 del ’92 è una conquista fondamentale per tutelare i lavoratori che si prendono cura dei familiari con disabilità, i caregiver. A loro infatti sono riconosciuti permessi, flessibilità e tutele che alleggeriscono in parte il peso di una condizione difficile da sostenere. Tuttavia però in alcuni contesti lavorativi, tali garanzie vengono ignorate o proprio aggirate ed è per questo che la sentenza del 2024 il numero 18063 crea un punto fondamentale della Giurisprudenza sul tema. Nel caso di specie un lavoratore con oltre 20 anni di anzianità aveva i permessi previsti dalla legge 104 per assistere la moglie gravemente invalida.

Martelletto Giudice
legge 104 licenziamento illegittimo (pierluigibersani.it)

Ma quando l’azienda ha deciso di sopprimere il suo ruolo, gli hanno dato mansioni di carrellista con un orario a doppio turno, non potendo così più soddisfare le sue esigenze familiari. Al rifiuto del lavoratore è seguito il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: in primo grado il lavoratore ha ottenuto ragione ma in Appello no perché non aveva provato l’effettiva incompatibilità dell’orario con i suoi impegni familiari. Il caso arriva in Cassazione dove gli Ermellini hanno definito il licenziamento illegale; l’azienda avrebbe dovuto procedere ad una ricerca effettiva e documentata di soluzioni alternative.

In altri termini, l’azienda deve dimostrare di aver esplorato tutte le possibilità per collocare il lavoratore, anche con un eventuale dimensionamento per tutelare il suo diritto alla cura. Nel caso di specie questo controllo capillare non c’era stato dato che l’azienda aveva assunto altri dipendenti con orario simile a quelli originari del lavoratore, una posizione compatibile pertanto ai suoi impegni familiari quindi c’era ma non gli era stata offerta.

Un precedente che pesa

Questa sentenza è un precedente importante per tutte quelle persone che si trovano in situazioni simili. La Cassazione ammette chiaramente che le esigenze organizzative dell’impresa non possono annullare i diritti del lavoratore fragile. Il licenziamento potrà avvenire solo se si dimostra in maniera approfondita e documentata che nessun’altra soluzione fosse praticabile. Le motivazioni vaghe o di chiesa generiche non bastano, dice la Cassazione, occorrono le prove.

Gestione cookie